TASSE E SANITA’: la mia replica a Marsilio su IL CENTRO, in edicola Sabato 5 aprile.
Puoi leggere qui sotto la trascrizione dell’intervista pubblicata sul quotidiano IL CENTRO di sabato 5 aprile 👇
L’ex assessore alla Sanità e al Bilancio, Paolucci, contesta l’espressione «bivacco di manipoli», utilizzata da Mussolini nel suo primo discorso da presidente del Consiglio nel 1922 e ripresa, due giorni fa, dal Presidente della Regione, Marsilio, per bollare la manifestazione dell’opposizione. In questa intervista, il capogruppo regionale del PD critica aspramente la manovra fiscale e insiste sull’aumento della tassazione, a fronte di servizi carenti e di un buco finanziario prevedibile.
– Ha sentito il discorso in aula di Marsilio?
Sì, è del tutto privo di fondamento. Credo ci sia stata l’intenzione politica di distogliere l’attenzione dal vero tema della discussione, che è un aumento molto consistente della tassazione in Abruzzo a fronte di servizi che non vengono erogati.
– Cosa pensa delle denunce?
La nostra è stata una manifestazione pacifica e civile, legata all’esasperazione che si vive per i servizi negati e per la perdita del potere di acquisto dei salari. Sono state fatte anche le verifiche con gli uffici e non c’è stata alcuna violenza. Marsilio l’ha invece travisata con termini pesantissimi. Ha parlato di «teppa rossa» e «bivacco di manipoli», un’espressione quest’ultima usata da Mussolini. È un gergo che tradisce non solo la sua provenienza politica, ma anche il profilo culturale. Il discorso del bivacco ricorda ben altri momenti tragici della nostra storia.
– Parliamo delle nuove aliquote, chi sarà veramente penalizzato?
Partiamo da un dato: le aliquote fiscali sia dell’Irpef che dell’Irap in questa regione sono aumentate nel 2011 per far fronte al disavanzo della sanità, facendo già affluire 130 milioni di euro circa di tasse. Con questa manovra si arriverà a oltre 170 milioni, quindi il punto vero è che gli abruzzesi verseranno oltre 40 milioni in più di tasse per coprire non spese impreviste, ma un disavanzo sanitario già prodotto nel 2024 e una sanità che non rispetta i livelli essenziali di assistenza e che invece veniva indicata da Marsilio e dagli assessori al Bilancio della Sanità come un modello da esportare. Per questo dico ironicamente, ma con amarezza, che se si tassassero le bugie di Marsilio si ripianerebbe ogni debito.
– Il buco finanziario era prevedibile?
Abbiamo le carte che lo dimostrano: in un verbale del tavolo di monitoraggio del luglio 2024 si esprimeva forte preoccupazione per il profilarsi di un disavanzo di dimensioni rilevanti, riportando le stime del primo trimestre 2024. È stato un grande imbroglio, un tradimento e soprattutto una grande bugia. Marsilio ha detto che la mobilità passiva c’è sempre stata. Sicuramente, ma non di questa portata. Cito il rapporto della Corte dei Conti al Parlamento italiano all’inizio 2024: il saldo della mobilità passiva negli anni in cui ho amministrato era sostanzialmente stabile a -70 milioni; invece da quando lui ha preso in mano la Regione c’è stato -79, -100, -92, -84 e nell’ultimo anno -108. Un aumento in negativo del 52%.
Stesso discorso ha fatto sulle liste di attesa, in rapporto alle prestazioni.
Prendiamo i dati delle prestazioni ospedaliere dall’inizio del suo mandato a oggi: Giulianova -10%, Atessa -25%, Castel di Sangro -40%, Ortona -46%, Pescara -5,5%, Teramo -6,3%, Lanciano -27%, Penne -15%. La fonte in questo caso è l’Agenzia sanitaria regionale, è tutto documentato.
– E i livelli essenziali di assistenza?
Gli ultimi dati a disposizione parlano di crolli significativo in due aree su tre nel 2023. C’è stato un collasso del sistema sanitario, sia dal punto di vista delle prestazioni, sia dal punto di vista economico-finanziario. L’Agenas, l’Agenzia nazionale della sanità, ha assegnato a tre Asl abruzzesi su quattro dei punteggi sulle performance tra i più bassi in Italia.
– Di chi è la responsabilità?
“Quello che mi colpisce, in negativo, è che in questa vicenda diminuiscono le prestazioni, aumentano la mobilità, il debito e le tasse, ma non c’è un responsabile. Non il presidente della Regione, gli assessori o i manager delle Asl. Per loro i responsabili sono i cittadini da tassare.Da ex assessore alla Sanità, come si è arrivati a questo deficit? Hanno costruito una programmazione delle reti che, come lo stesso direttore dell’agenzia sanitaria qualche settimana fa ha dichiarato in commissione, era senza coperture finanziarie, non risponde alle esigenze di una sanità moderna e alla richiesta di specializzazione di alcune nostre strutture che sono in grado di produrre mobilità attiva.Luciano D’Amico ha parlato di gusci vuoti. Due anni fa hanno fatto un’operazione mediatica e propagandistica, individuando una rete che nominalmente riportava certi tipi di classificazioni per i vari presidi, ma in cui poi crollavano il numero di prestazioni e servizi erogati. Sulla programmazione il punto non è chiudere, ma specializzare e fornire le prestazioni richieste dai cittadini. Dunque, riempire i gusci vuoti delle cose che servono.
– Con il senno di poi, è stato giusto aver tagliato alcuni ospedali?
Occorrerebbe un fact-checking, perché gli ultimi cinque ospedali sono stati chiusi dal subcommissario Giovanna Baraldi nel 2010, parliamo di Guardiagrele, Casoli, Gissi, Pescina e Tagliacozzo. Non ci sono state chiusure successive, ma riorganizzazioni, come per le Ostetricie, dovute al crollo delle nascite. Nel 1977 nascevano 37.000 bambini in Abruzzo, mentre oggi meno di 7.000.È chiaro che alcuni reparti andavano rivisti, pensando alle nuove patologie legate a una popolazione la cui età media è cambiata.
– Come si potrebbe intervenire?
La riflessione da fare è a livello nazionale. Dopo gli anni del Covid, quando l’idea di investire sul servizio sanitario pubblico era molto forte, abbiamo perso un’occasione. Oggi con il Governo Meloni stiamo assistendo a una forte contrazione del finanziamento del sistema sanitario nazionale soprattutto in rapporto al Pil. I soldi ci sono, parliamo di 2,8 miliardi, ma occorre ancorarlo al 7,5% del Pil per garantire una quota adeguata di finanziamento pubblico alla sanità, evitando di scendere pericolosamente vicino al 6%.
– Qual è il rischio?
Oggi le persone se possono, e sempre meno possono, comprano servizi e prestazioni di tasca loro o ricorrono alle assicurazioni. Ecco perché anche il governo regionale dovrebbe aprire un confronto forte con quello nazionale. In regioni come la nostra dove le tasse sono al massimo e i servizi al minimo, il passaggio verso l’altro modello è più accentuato, così come il numero delle persone che rinunciano alle cure.
– Quali sono gli “sprechi” da tagliare?
Abbiamo una gestione delle risorse improvvisata e slegata da qualsiasi programmazione. Ogni legge approvata in questi anni in Consiglio è stata emendata con l’aggiunta della dicitura “e ulteriori disposizioni” diventando così una legge omnibus, perché le ulteriori disposizioni contengono norme che finanziano un po’ di tutto. La somma di leggi mancia e omnibus ha cubato diverse decine di milioni nel corso di questi anni: 56 milioni di euro solo per le “mance” dal 2021 a oggi. Con un accesso agli atti, intendo ricostruire il peso economico di tutte le omnibus.